Riserva Naturale Speciale “Lago di Pergusa”

Premessa

L’Università Kore di Enna intendendo promuovere e sviluppare ricerche scientifiche di base applicabili nel settore del monitoraggio ambientale e meteo-climatico degli ambienti naturali protetti ed è interessata a sperimentare ed applicare i risultati ottenuti collaborando con enti ed aziende che operano direttamente nel settore specifico, avendo il compito tra gli altri:
a) di esercitare attività di collaborazione attraverso convenzioni, sia con Enti pubblici che soggetti privati;
b) di progettare e attuare ricerche e servizi funzionali alle attività sia dell’Università Kore che di committenti esterni opportunamente convenzionati;
c) di assumere una sempre maggiore caratterizzazione di Università fortemente legata agli interessi di sviluppo culturale e sociale del proprio territorio attraverso interscambi con i soggetti istituzionali locali valorizzando le esperienze scientifiche sviluppate e consolidate;
dal 2007 al 2015 tra la Provincia Regionale di Enna (oggi Libero consorzio Comunale di Enna), ente gestore della R.N.S. “Lago di Pergusa”, e l’Università di Enna “Kore” sono state stipulate apposite Convenzioni per l’esecuzione del programma di ricerca scientifica sulla R.N.S. “Lago di Pergusa”.

Area di studio

Il lago di Pergusa è una Riserva Naturale Speciale, il cui ente gestore è il Libero Consorzio Comunale (già Provincia Regionale) di Enna; esso è localizzato al centro della Sicilia (Comune di Enna) tra i monti Erei ad una quota di 667 metri s.l.m. E’ l’unico lago endoreico siciliano, caratterizzato da ampie oscillazioni di livello legate al regime pluviometrico, ed occupa la parte più depressa di una struttura sinclinale pliocenica. Studi paleovegetazionali indicano che si è formato almeno 20.000 anni fa. La sua fonte principale di alimentazione è rappresentata dalle precipitazioni e dalle falde freatiche; esso, a causa dell’evaporazione estiva, è caratterizzato da acque salmastre. Peculiare è il fenomeno del “Red Water” determinato, in particolari condizioni chimico-fisiche, da solfobatteri rossi. Vari interventi antropici, iniziati negli anni ’30 con opere di bonifica ed accentuati negli anni ’60 e ’70 con l’emungimento di acqua dalle falde, hanno messo a serio rischio la sua esistenza tanto da determinarne la quasi totale riduzione dello specchio lacustre nell’estate 2002. Oggi, in seguito alla riduzione quasi totale dell’emungimento e grazie anche ad alcune stagioni particolarmente piovose, il lago presenta una significativa ripresa. L’Area Protetta fa anche parte della Rete Natura 2000 (Zona di Protezione Speciale − Sito di Interesse Comunitario − Zona Speciale di Conservazione “ITA060002”) e come geosito del “Rocca di Cerere Geopark” rientra nelle Reti dei Geoparchi Europea (EGN) e Globale (GGN).

Lo studio

Programma di ricerca sulle componenti ambientali (abiotiche e biotiche) attraverso elaborazioni scientifiche, monitoraggio e rilevazioni parametriche della stazione meteorologica computerizzata.

Il programma di ricerca contempla:

  • il monitoraggio dei parametri chimici, fisici e bioecologici delle acque, con analisi sia in situ che in laboratorio, comprensivo del rilevamento dei parametri addizionali inorganici e organici oltre che su matrice acquosa anche sui sedimenti del fondo lacustre, di analisi batteriologiche e dello studio dettagliato del fitoplancton;
  • il monitoraggio del sistema idrogeologico, mediante misure dei livelli piezometrici nei vari settori del bacino;
  • il monitoraggio in continuo dei parametri climatologici, attraverso una centralina meteo computerizzata;
  • lo studio vegetazionale e l'aggiornamento continuo dell'elenco floristico; nonché il monitoraggio aerobiologico per lo studio dei pollini;
  • il monitoraggio faunistico, comprensivo di studio dettagliato sull'erpetofauna e sull'ornitofauna anche attraverso la tecnica dell'inanellamento a scopo scientifico, oltre che sulla zanzara tigre Aedes albopictus;
  • l'aggiornamento del sito web dedicato: www.riserveenna.it;
  • il reportage fotografico.

L'attività di monitoraggio del lago di Pergusa si propone, oltre che di realizzare una descrizione delle caratteristiche del bacino, di realizzare soprattutto una descrizione dei fattori fisici e biologici che interagiscono determinando le peculiarità ambientali del corpo idrico e dell'intero ecosistema. A tale scopo risulta utile poter documentare i valori medi dei vari parametri e i loro intervalli di variazione per valutare e modellizzare le eventuali modifiche in atto nel bacino. In futuro sarà così anche possibile confrontare le situazioni che si verificheranno con l'attuale situazione monitorata. Si potranno, così, quantificare i cambiamenti ed, inoltre, si avranno le basi per individuarne le cause.

Alla luce degli studi sinora effettuati, si può affermare che i principali punti di debolezza del sistema pergusino sono:

  • per l'ambiente idrico e gli habitat correlati: prosciugamento ed interrimento del bacino, sovrasaturazione delle acque, riduzione drastica delle biocenosi;
  • per l'ambiente ripariale: sottrazione di territorio al canneto, riduzione della capacità portante dell'habitat ed invasione di specie alloctone;
  • per l'ambiente collinare: riduzione degli habitat coperti da vegetazione autoctona, invasione di specie vegetali alloctone, prelievi di acque di falda, immissione in falda di acque reflue, diserbanti e pesticidi;
  • per l'intero biotopo: tendenza generale alla desertificazione.

Invece, per ciò che riguarda i punti di forza, i risultati di questo monitoraggio hanno portato ad evidenziare che, per quanto riguarda la quantità di acqua presente nella conca lacustre, dal 2003 il Lago è in netta ripresa, tanto che il battente idrico ha raggiunto circa 4 metri; tale processo è stato favorito dalla chiusura dei pozzi comunali negli anni '80. Ciò si evince anche dal controllo della superficie piezometrica.

Il ripristino del livello del lago ha comportato:

  1. La riduzione della salinità dell'acqua e l'incremento della saturazione dell'ossigeno disciolto, che conseguentemente hanno permesso il ripristino di diverse forme di vita.
  2. La stabilizzazione dei parametri fisici e chimici delle acque lacustri su valori tipici "normali" dell'ecosistema.
  3. La ricostituzione della biocenosi zooplanctonica, formata essenzialmente da Copepodi, Cladoceri e Ostracodi; insieme con il fiorire di grandi quantità di forme giovanili di Copepodi, indicativo di condizioni trofiche idonee allo sviluppo delle diverse comunità bentoniche e planctoniche, con attivazione dei processi di ricolonizzazione, con i sedimenti di fondo che agiscono come "banca" di diversità planctonica, immagazzinando forme di resistenza che vengono liberate al sopraggiungere di condizioni ambientali favorevoli.
  4. Il non verificarsi della colorazione rosso-violacea delle acque (red water), di effetto scenico, ma derivante da uno stato asfittico con conseguente sviluppo abnorme dei solfobatteri inteso come un segnale di uno stato di sofferenza.
  5. La ricolonizzazione da parte di piante acquatiche. Lo studio del fitoplancton ha portato a rilevare, in determinati periodi (nel 2008 e nel 2011), la presenza di una microalga ittiotossica Prymnesium parvum che ha determinato una morìa di centinaia di Carpe Cyprinus carpio; sebbene non abbia causato mortalità nelle popolazioni di uccelli, il bloom ha prodotto indirettamente una variazione nella composizione della comunità, causando una netta diminuzione delle specie erbivore (Anatidi e Rallidi) ed un consistente aumento delle specie ittiofaghe: Cormorano Phalacrocorax carbo, Gabbiano reale Larus michahellis e Airone cenerino Ardea cinerea, che ha anche nidificato per la prima volta.
  6. La ricolonizzazione dell'ambiente lacustre da parte di anfibi e rettili, la cui ricerca ha confermato la presenza di 12 specie, 4 anfibi e 8 rettili, con due taxa endemici rigorosamente siciliani: Bufotes siculus e Emys trinacris e il siculo-maltese Discoglossus pictus pictus. Inoltre, viene confermata l'importanza ecologica e di conservazione dell'area protetta per gli endemici Bufotes siculus ed Emys trinacris presenti con popolazioni significative.
  7. Un significativo aumento dell'ornitofauna acquatica.

Lo studio zoologico ha permesso di censire 299 specie di cui 177 specie ornitiche tra nidificanti, svernanti e migratrici. Tra le specie rilevanti dal punto di vista conservazionistico e sui quali sono stati effettuati degli studi mirati c'è il Pollo sultano Porphyrio porphyrio e lo Svasso piccolo Podiceps nigricollis. Il primo è un rallide estintosi in Sicilia negli anni '60 e che oggi possiamo di nuovo annoverare grazie ad un progetto di reintroduzione in tre differenti siti storici costieri, tutti distanti da Pergusa almeno 55 km. Il Pollo sultano ha colonizzato spontaneamente il lago di Pergusa e, dal primo avvistamento avvenuto nel 2006, ha ormai costituito un nucleo riproduttivo stabile di oltre 50 coppie. Lo Svasso piccolo è di particolare valore poiché Pergusa rappresenta l'unica località italiana ove questa specie si riproduce regolarmente, contando il maggior numero di coppie nidificanti della specie (128 adulti e 112 tra pulli e juvenes) per l'Italia. In Italia, per lo Svasso piccolo, i casi di riproduzione documentati dopo il 1950, escludendo quelli possibili o probabili, sono circa una ventina, perlopiù relativi a poche coppie. Al lago di Pergusa, dal 2010 lo Svasso piccolo ha cambiato il suo status da "migratore, svernante e nidificante irregolare" a "nidificante regolare".

L'attività di inanellamento a scopo scientifico dell'ornitofauna ha consentito di rilevare, oltre a specie elusive sfuggite ai censimenti come il Gufo comune (Asio otus) o il Codibugnolo (Aegithalos caudatus siculus), anche specie abbastanza rare per tale sito come la Balia nera (Ficedula hypoleuca), il Beccafico (Sylvia borin), il Luì grosso (Phylloscopus trochilus), la Sterpazzola di Sardegna (Sylvia conspicillata), la Cesena (Turdus pilaris) e la Salciaiola (Locustella luscinioides).

Per ciò che riguarda la Zanzara Tigre Aedes albopictus, rilevata a Pergusa per la prima volta nell'estate del 2010, dal monitoraggio costante si evince un trend positivo sul suo radicamento nel territorio. I dati raccolti attraverso le ovitrappole sono indicatori "proxy", cioè in grado di approssimare il grado di infestazione e non direttamente indicativi della densità del vettore presente nell'area studiata; comunque, questa metodologia rappresenta un sistema indiretto di sorveglianza in grado di ottenere informazioni sullo sviluppo della popolazione di adulti. Tali studi hanno favorito la collaborazione internazionale con l'Université Grenoble Alpes e l'Unite Mixte de Recherche 5553-LECA (Laboratoire d'Ecologie Alpine) del CNRS (Comité National de la Recherche Scientifique) francese al fine di un contributo sullo studio dell'invasione della Zanzara tigre mediante tipizzazione genetica (per indagare come si sia compiuta la sua diffusione nel continente europeo e cercare di comprendere, quindi, il relativo scenario futuro).

Lo studio botanico ha permesso di censire 358 specie, tra cui diverse orchidee. Dall'elaborazione dello spettro biologico risulta che: le terofite rappresentano il 27,65 %; le elofite lo 0,28%; le idrofite lo 0,84 %; le geofite il 14,53 %; le emicriptofite il 28,77 %; le camefite il 5,31 %; le nano-fanerofite il 2,51 % e le fanerofite il 20,11 %. Le specie endemiche censite nell'area rappresentano il 2,23%. Tra queste sono presenti: Euphorbia ceratocarpa Ten., Senecio licopifolius Desf., Senecio squalidus Auct. Fl. Ital. var. chrysanthemifolius Poiret, Thymus spinulosus Ten., Crocus longiflorus Rafin. Infine, tra le specie floristiche elencate nell'allegato 2 della Direttiva Habitat è presente Dianthus rupicola Biv.

Il monitoraggio aeropalinologico (di tipo volumetrico), che ha comportato l'allestimento di 1.784 vetrini, ha confermato la presenza di pollini in atmosfera quasi continua durante tutto l'anno solare; infatti inizia a gennaio (con i pollini delle Oleaceae del genere Fraxinus, delle Corylaceae e delle Cupressaceae) e termina a novembre (con i pollini delle Compositae, delle Amaranthaceae/Chenopodiaceae e delle Graminaceae). Nell'ambito delle famiglie botaniche oggetto della ricerca, risulta che a Pergusa sono state le Urticaceae ad impattare maggiormente sulla concentrazione totale di pollini allergenici, infatti tale taxon ha presentato un Indice Pollinico quinquennale di 30.631 granuli di polline al m³, pari al 24,6% del totale rilevato. I pollini delle Urticaceae sono anche quelli che sono stati rilevati in aria per un periodo più lungo, infatti la loro Stagione Pollinica in media ha presentato una durata di 145 giorni per anno. Il maggior valore, relativamente al numero di giorni ad "alta" concentrazione pollinica (secondo la classificazione dell'A.I.A.), è stato riscontrato per le Oleaceae, che nel quinquennio della ricerca hanno mostrato una misura media di 43 giorni per anno. L'aerobiologia, oltre all'estrema utilità in campo sanitario, rappresenta un ottimo strumento per monitorare la biodiversità dell'area protetta.

Lo studio dei pollini ha aperto una collaborazione di ricerca con il Museum National d'Histoire Naturelle di Parigi e l'Unite Mixte de Recherche 7194-HNHP (Histoire Naturelle de l'Homme Prehistorique) del CNRS (Comité National de la Recherche Scientifique) francese sul progetto IRN POLARISE «POLlen et ARIdité, résilience de la végétation aux SÉcheresses récurrentes» con l'obiettivo di studiare, attraverso la pioggia pollinica emessa dalla vegetazione (per il passato con registrazioni fossili, per il presente con monitoraggio mensile e annuale), la risposta della vegetazione mediterranea e della sua biodiversità agli eventi estremi di siccità, passati o presenti, e l'impatto della loro ricorrenza a lungo termine.

Le caratteristiche fisiografiche e l'alta biodiversità rendono questo ecosistema unico e prezioso nel contesto siciliano. I risultati sottolineano la necessità di considerare gli aspetti funzionali dei tratti ecologici per migliorare le azioni di gestione delle strategie di conservazione, al fine di preservare la diversità e il funzionamento dell'ecosistema.

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